La valutazione psicodiagnostica
In ambito clinico, la valutazione psicodiagnostica è essenzialmente tesa a definire la natura e la gravità del disagio specifico riportato, e a comprendere il modo in cui questo interferisce col funzionamento generale della persona. In questo caso rappresenta, quindi, il punto di partenza imprescindibile per l’organizzazione di un programma di trattamento efficace e adeguato al problema.
In ambito peritale, la valutazione psicodiagnostica ha generalmente lo scopo di esaminare le capacità cognitive e psichiche della persona. Può essere richiesta da un giudice, da un magistrato o da un avvocato, nel corso di un procedimento giuridico (penale o civile), che ritenga necessaria una valutazione professionale dell’imputato per comprendere la sua reale capacità di compiere reati o per verificare la presenza o meno di una psicopatologia. La perizia può essere richiesta anche da familiari per un loro congiunto che abbia manifestato delle possibili problematiche psichiche e comportamentali. In ultimo, lo psichiatra può essere chiamato a valutare condizioni cliniche di una persona dalla persona stessa che necessiti di una consulenza medico-legale.
In ambito neuropsicologico, la valutazione è finalizzata a rilevare o escludere la presenza di difficoltà cognitive (afasie, aprassie, alessie, amnesie, agrafie, agnosie, etc.) derivanti da deficit e lesioni encefaliche (post-traumatiche, post-ictus, neoplasie, etc.) o da forme di demenza (ad esempio, malattia di Alzheimer).
Questo tipo di valutazione si articola in due fasi. Inizialmente si procede a un esame globale delle capacità cognitive della persona, e solo successivamente si approfondiscono i deficit evidenziati e le connesse implicazioni sul piano psicologico, affettivo e della personalità.
In tutti questi ambiti, lo strumento privilegiato durante le nostre valutazioni psicodiagnostiche è il colloquio clinico, in quanto permette di stabilire un rapporto con le persone coinvolte e di costruire con loro una comprensione condivisa dell’esperienza dolorosa che stanno vivendo.
L’impostazione dei colloqui varia in base al contesto, allo scopo della valutazione (anamnestico e di inquadramento), all’età della persona e all’orientamento teorico del clinico che li conduce. Solitamente non hanno un carattere strutturato ma vengono condotti per quella persona e per il problema manifestato in quel preciso momento.
Ove vi siano le indicazioni, i colloqui vengono accompagnati anche dalla somministrazione di strumenti psicodiagnostici standardizzati. Le scale oggi disponibili sono numerosissime: coprono ogni tipo di problema con cui allo specialista può capitare di doversi confrontare nella pratica clinica, ogni fase del ciclo di vita della persona (bambini, adulti e anziani), genere, status (singolo, coppia o famiglia) eccetera. Elencarli tutti e descriverli in extenso in questa sede sarebbe una scelta fuorviante oltre che impossibile.
Per questa ragione, ci limitiamo a precisare che la batteria di test in uso nel nostro Centro comprende interviste diagnostiche, questionari, test di personalità, test proiettivi, test di livello e neurocognitivi, e ne proponiamo una breve descrizione qui di seguito.
Interviste diagnostiche
Le interviste diagnostiche, strutturate o semi-strutturate, garantiscono un valido supporto alla valutazione psicodiagnostica per una vasta gamma di disturbi mentali. Peraltro possiedono un buon grado di aderenza ai moderni sistemi di classificazione psichiatrica. Richiedono tuttavia tempi piuttosto lunghi per la loro somministrazione. Tra le più utilizzate vi sono la Structured Clinical Interview for DSM (SCID) o la Mini International Neuropsychiatric Interview (MINI).
Questionari
I questionari possono essere auto o etero-somministrati ed avere una lunghezza (numero di item) e una struttura (a risposta multipla o su Scala Likert) variabili.
In alcuni casi, vengono selezionati dal clinico per eseguire un rapido monitoraggio “ad ampio spettro” dell’eventuale sintomatologia presentata. Esempi sono il Mini-Mental Test, la Symptom Checklist-90 (SCL-90), l’MMPI-1/2. In altri casi, sono utilizzati in maniera “mirata” per rilevare la presenza, la frequenza e l’intensità di alcuni sintomi nella persona che si ritiene manifestare il problema. Esempi: la Beck Depression Inventory (BDI); la Mississippi Scale for Post-Traumatic Stress Disorder; la Hamilton Depression Rating Scale e la Hamilton Anxiety Rating Scale; il Temperament Evaluation Memphis – San Diego Interview Scale (TEMPS-A); il Mood Disorder Questionnaire (MCQ) o ancora la Scala di Autovalutazione dell’ADHD (ASRS).
Test di personalità
I test di personalità sono strumenti utili per la valutazione di costrutti e dimensioni relative alla personalità. Ne esistono diversi tipi che si differenziano tra loro in base al tipo di paradigma teorico che li ha generati (di orientamento cognitivo o psicodinamico) e al tipo di costrutti che valutano, cioè tratti di personalità specifici o valutazioni globali.
Esempi tipici sono il California Personality Inventory (CPI) e il Millon Adolescent Personality Inventory (MAPI), il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI-2), il 16 Personality Factors di Cattell (16PF)o ancora l’ Eysenck Personality Questionnaire (EPQ).
Test di Personalità proiettivi
I test proiettivi sono utilizzati prevalentemente in contesto psicodinamico per valutare la personalità in modo globale o per approfondire la conoscenza di specifiche tematiche personologiche, relazionali e/o psicopatologiche. Alcuni esempi sono il Test di Rorschach, il Thematic Apperception Test (TAT) ed il Children Apperception Test (CAT).
Test di Livello e Neurocognitivi
I test di livello e i test neurocognitivi sono costituiti da vari subset di item e vengono utilizzati per valutare il livello e i differenti tipi di capacità cognitive (logiche, linguistiche, numeriche, spaziali, etc.) della persona. Solitamente permettono di rilevare la presenza di difficoltà cognitive (afasie, aprassie, alessie, amnesie, agrafie, agnosie, etc.), derivanti da deficit e lesioni encefaliche (post-traumatiche, post-ictus, legate a tumori, etc.) o da forme di demenza.
Tra i test di screening che vengono utilizzati per la valutazione globale delle capacità cognitive vi sono il Mini Mental State Examination (MMSE) e la Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS). Altre scale possono invece fornire indicazioni più approfondite sul tipo di deficit (memoria, linguaggio, attenzione, ragionamento, percezione, abilità visuo-spaziali, abilità coinvolte nell’esecuzione di sequenze motorie) evidenziato dal test di screening o, semplicemente, segnalato dal paziente o dai suoi familiari: esempi sono le Matrici di Raven, il Wisconsin Card Sorting Test (WCST), la copia della figura complessa di Rey-Osterrieth, il Test di Corsi, la Mental Deterioration Battery (MDB)
Le informazioni raccolte nell’ambito dei colloqui clinici e quelle ottenute dall’elaborazione degli eventuali test somministrati vengono poi sistematizzate ed interpretate alla luce di un sistema diagnostico di riferimento (ICD-10 o DSM-5) che funge da guida nella formulazione di una diagnosi.
Viene quindi concordato un incontro di restituzione con la persona sottoposta a valutazione. Durante questo incontro il clinico condivide, nella misura e nella modalità più opportune per ciascuna persona, quanto emerso durante la valutazione. Nella nostra esperienza, la conoscenza della propria diagnosi aiuta la persona a dare un senso a ciò che gli sta succedendo e in una certa misura lo rassicura, poiché realizza che il suo disagio è un fenomeno ben definito, conosciuto e curabile. In ambito peritale e neuropsicologico, la restituzione rappresenta anche il momento ottimale per la consegna e la discussione di una relazione finale. In ambito clinico, questo incontro rappresenta per il clinico anche l’occasione di illustrare un possibile percorso di cura pianificato (farmacologico e/o psicoterapeutico); spiegare l’approccio sotteso al trattamento e la sua rilevanza in merito alle problematiche discusse; esplorare la motivazione al trattamento e getta le basi per la costruzione di un’alleanza terapeutica