Cosa è la Psicoeducazione

Sviluppata negli anni Ottanta nell’ambito della salute mentale, la psicoeducazione è attualmente considerata una buona pratica medica, peraltro consigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle principali Linee Guida Internazionali per il trattamento dei diversi disturbi psichici. Si Si tratta di una tecninca che sviluppa un processo di corretta informazione sul disturbo diagnosticato – natura, caratteristiche e andamento, prognosi, possibilità di trattamento e di gestione –, al paziente e alle sue persone di riferimento (caregivers), favorendo così l’accettazione e l’elaborazione della diagnosi stessa ma anche il riconoscimento, la comprensione e la gestione delle sue manifestazioni sintomatologiche e, soprattutto, dei suoi segni precoci. Si fonda sul principio secondo cui informare e incrementare la consapevolezza del proprio disturbo nel paziente, equivale a renderlo positivamente responsabile del proprio benessere, entro un percorso di cura che lo vede attivo nel collaborare con lo psichiatra e lo psicologo per la miglior riuscita del trattamento.

Gli obiettivi

Gli obiettivi generali dell’intervento psicoeducativo sono:

  • migliorare il decorso della patologia attraverso la prevenzione delle ricadute e il rafforzamento delle competenze del paziente nella gestione dei momenti di crisi;

  • migliorare la qualità di vita del paziente e del suo nucleo familiare.

Gli obiettivi primari sono:

  • promuovere un’adeguata coscienza di malattia e della sua conoscenza;

  • riconoscere precocemente i sintomi;

  • migliorare l’aderenza al trattamento farmacologico.

Gli obiettivi secondari riguardano:

  • l’accettazione della malattia;

  • la responsabilizzazione del paziente;

  • la gestione dello stress e la regolarizzazione dello stile di vita;

  • la riduzione dello stigma e del senso di colpa;

  • la riduzione del senso di isolamento;

  • l’aumento dell’autostima e del benessere generale.

In che modo la psicoeducazione è efficace

In generale, gli studi di efficacia disponibili in letteratura evidenziano che la psicoeducazione sortisce un effetto benefico sul decorso e sulla gestione della patologia. Questo dato è evidentemente coerente con gli obiettivi stessi su cui essa si fonda.

È stato anche osservato che la psicoeducazione migliora l’aderenza del paziente alla farmacoterapia; favorisce una riduzione dei sintomi; consente di prevenire le ricadute e le recidive più gravi attraverso il riconoscimento dei sintomi iniziali (prodromi); permette l’acquisizione di uno stile di vita regolare.

Un effetto di grande rilevanza è rappresentato da un miglioramento della qualità della relazione tra il paziente e i suoi famigliari. Va sottolineato che i famigliari sono i soggetti più direttamente e intensamente coinvolti nella gestione del disturbo del loro congiunto, sia da un punto di vista emotivo sia, spesso, da un punto di vista economico. Le conoscenze e le strategie per gestire il disturbo, se condivise dal paziente con il suo ambiente famigliare, possono facilitare la comunicazione e la costruzione di clima emotivo improntato alla collaborazione.

Infine, la psicoeducazione sembra avere un impatto positivo anche sugli aspetti psicosociale della vita del paziente. La miglior consapevolezza e gestione del disturbo, oltre a ridurre il tempo di malattia, contribuisce a migliorare il rendimento, l’interesse e la partecipazione dei pazienti nelle loro attività quotidiane (sul lavoro, a scuola, nelle autonomie personali e nel tempo libero) e nelle relazioni sociali. Le difficoltà legate al disturbo possono essere contestualizzate e ricondotte ad esso, ma anche normalizzate e rese più gestibili, con ricadute positive sui vissuti di vergogna spesso sperimentati dal paziente. Il disturbo può quindi essere più facilmente considerato e condiviso dal paziente come un aspetto della propria esperienza di vita anche con persone non affette, superando in questo modo il timore dello stigma sociale.

Gli ambiti di applicazione

La psicoeducazione viene utilizzata nelle fasi iniziali del percorso di cura del paziente così come durante tutto il trattamento, in relazione alle difficoltà emergenti legate al disturbo. Può articolarsi in incontri individuali o in incontri di gruppo, e la scelta viene fatta sulla base di una accurata valutazione delle necessità del singolo caso. All’interno degli incontri le informazioni fornite e le modalità di condivisione vengono adattate dagli specialisti alla natura stessa del disturbo, al setting prescelto (individuale o di gruppo) nonché all’età del paziente.

Trova applicazione nel trattamento di diversi disturbi psichici e con pazienti in ogni fase del ciclo di vita (infantile, adolescenziale o adulta). Ad oggi disponiamo di protocolli efficaci per:

  • Disturbi d’Ansia;

  • Disturbi dell’Adattamento;

  • Depressione e Disturbo Bipolare;

  • Disturbi del Comportamento Alimentare

  • Disturbi da Abuso di Alcol e/o Sostanze;

  • Disturbi della Personalità

  • Disturbi Psicotici

  • Disturbi dell’Infanzia e dell’Adolescenza.

La Psicoeducazione può rivolgersi ai pazienti ma anche ai familiari (o ad altre loro persone di riferimento) e, anche in questo caso, articolarsi in incontri monofamigliari o di gruppo. Questo è considerato un segno concreto del cambiamento storico dei modelli di trattamento in ambito psichiatrico e psicologico, teso a valorizzare il ruolo di famigliari e/o caregivers come risorsa per il paziente, tanto in termini di condivisione emotiva quanto di collaborazione alle cure.

Nel caso poi dei Disturbi dell’Infanzia e dell’Adolescenza, questo coinvolgimento risulta particolarmente importante se non addirittura necessario per almeno due ordini di ragioni. Anzitutto perché per i bambini e i ragazzi è fondamentale sapere di poter contare sul genitore (o caregivers) reso più competente nella gestione dei momenti critici relativi al disturbo. In secondo luogo perché la migliore comprensione del disagio del figlio/a facilita nel genitore una vicinanza e un accudimento puntuale ed adeguato.

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